Il territorio fu abitato da popolazioni poco inclini a essere sottomesse dal dominatore di turno, tanto che la stessa romanizzazione della zona fu tardiva e superficiale. Testimonia ciò il gran numero di toponimi prelatini ancora oggi rilevabili nel territorio di Alà (Boddò, Seultà, Cheltosumele, Burachele, Alzarò, Serì, Laccaralò, Senè, Istenolì). Il vecchio centro dove forse erano insediati i Balari, chiamato appunto Balare, localizzato nell'odierno sito di "Su pedrighinosu" fu distrutto presumibilmente durante la feroce rappresaglia del 177 a.C. ad opera delle milizie romane guidate da Tiberio Sempronio Gracco e Tito Ebuzio Parro, descritta da Ettore Pais. E a quel turbolento periodo dovrebbe risalire pure la distruzione dell'imponente nuraghe Latari, di cui oggi restano gli enormi massi di base. A Latari venne poi stanziato un piccolo avamposto romano di modesta entità collegato con alcuni latifondi attribuiti, secondo il consueto metodo della centurazione, ai veterani di guerra romani. La toponomastica conserva ancora oggi i nomi dei probabili beneficiari: Marcheddìne era feudo di tale Marcellinus, così come Mùdule e Mudulu-riu di tale Mutulus, Fenìdde di Venilius, e Madròne di Matronius.
La zona circostante l'attuale abitato di Alà, a seguito delle vittorie di Tiberio Sempronio Gracco, fu effettivamente romanizzata, ma rimane una piccola parte dell'intero territorio alaese che specialmente a nord rimase pressoché' inviolato. In prossimità di questa zona si trova qualche resto della strada romana che in epoca imperiale collegava Olbia a Caralis (Cagliari).
Il più antico documento che menziona l'abitato di Alà è datato 1106. Risale a tale data infatti la nomina di un reggente della diocesi di Castro di un vescovo il cui nome non si è tramandato all'età contemporanea. Nell'atto si evidenziano i 27 villaggi facenti parte della diocesi, tra cui appunto Alà. Al tempo la villa di Alà faceva parte del giudicato di Torres, inserita nella curatoria del Monteacuto. Alla metà del XIII secolo il paese passa al giudicato di Arborea. A causa delle mire espansionistiche degli aragonesi sulla Sardegna, seguì una lunga guerra che vide prevalere gli aragonesi sugli arborensi: nel 1410 il paese, semispopolato, passò al Visconte di Narbona, e nel 1421, assieme a tutto il Montacuto, diventò feudo dei Centelles, ai quali il paese si ribellò nel 1458. Successivamente il paese passò alla famiglia Borgia, e nel 1767 ai loro eredi, i Pimentel.
Nel 1462, ormai passata al regno di Sardegna, il paese appartiene sicuramente alla contea di Oliva, come indicato dalla recente pubblicazione Atlante dei Feudi - Periodo Spagnolo 1479-1700. L'8 dicembre 1503, Alà passa alla diocesi di Alghero, sorta dall'unificazione delle diocesi di Bisarcio, Castro e Ottana. Nel 1581 il villaggio di Alà paga un ducato di tasse: il paese è menzionato dal vescovo Andrea Baccalar come metro di paragone con i 15 ducati pagati dalla sola chiesa di Santa Reparata di Buddusò. Lo stesso Baccalar nominerà nel 1590 due sacerdoti di Alà, a seguito di lamentela diretta del Vaticano circa la crisi di vocazioni in Goceano e nel Montacuto.
Il paese moderno è sorto attorno al XVII secolo, grazie alla costruzione della chiesa di Santa Maria (1619) che ha agito da fulcro, da punto d'incontro delle famiglie di pastori che abitavano sparsi in tutto l'altopiano di Alà. Nel 1656 ci fu la prima rilevazione demografica per Alà, che contava 29 nuclei familiari (detti fuochi). Nel 1668 si conteranno 118 abitanti (65 donne e 53 maschi), mentre la prima notizia su un parroco del villaggio è del 1691, tale Domenico Cossu. Ma nonostante la costruzione nel 1692 della chiesa di San Giovanni, pochi anni dopo, nel 1698, la parrocchia di Alà viene unita a quella di Buddusò, appunto per la pochezza di abitanti (276, di cui 161 donne e 115 maschi nell'anno in questione).
Un lascito testamentario del 1730 menziona la chiesa di San Pietro, di cui si ignora la localizzazione e che probabilmente nel 1795 già non esisteva più, considerando che la relazione scritta nell'anno in previsione della rinascita della diocesi ozierese cita solo le chiese di Santa Maria, Sant'Antonio e San Giovanni. Al 1758 risale il più antico riferimento al corpo barracellare di Alà, di cui si conosce il capo alla data in questione, tale Giuseppe Pinna. In realtà i barracelli alaesi furono menzionati - seppur in maniera indiretta - fin dal 20 marzo 1661, in un prospetto dimostrante l'inutilità dei barracelli (Soldados de campagna), scritto dal catalano Bernardo Pons Y Turell e dal sardo Giorgio di Castelvì e certificato dal notaio del Montacuto, Giovanni Michele Cossu, nella quale si accusavano i barracelli delle ville di Buddusò, Oschiri, Nulvi, Alà, Osidda, Berchidda, Ozieri, Pattada e Bantine di essere loro stessi la causa dei reati che invece avrebbero dovuto evitare. Nel 1771 venne costituito il primo Consiglio Comunitativo del paese, e sulla spinta di tale strumento di democrazia, tra il 1774 e il 1785 il paese si rifiutò apertamente di versare i tributi richiesti. Nel 1779 a Venezia venne stampata la più antica carta geografica recante l'indicazione di Alà, scritta in lingua francese: il paese viene compreso nell'encontrada del Montagudo. Nel 1795 il paese partecipò, come tanti altri centri dell'isola, ai moti anti-feudali.
Il 9 marzo 1803 rinasce la diocesi di Bisarcio e Alà viene chiamata a farne parte. Quattro anni più tardi, la chiesa di Santa Maria viene ricostituita in rettorato autonomo sotto il titolo di Sant'Agostino: nel periodo di unificazione con Buddusò la parrocchia era dedicata a san Giacomo. Sant'Agostino era comunque festeggiato già da tempo come si evince da una poesia di Pietro Pisurzi, poeta di Bantine morto nel 1799. Nel 1807, il 4 maggio, viene costituita la Prefettura di Ozieri, e Alà ne farà parte essendo conglobata nel Mandamento di Buddusò. Nel 1810 ci fu una nuova ribellione anti-feudale in paese, con la temporanea occupazione dei terreni facenti parte del demanio feudale. Nel 1821 la prefettura diverrà Provincia di Ozieri. Il 18 aprile del 1823 passa in paese il conte Alberto La Marmora. Il 4 maggio 1832 viene presentato a Torino il progetto preliminare della strada che unirà a fine secolo Nuoro con Monti, che romperà l'isolamento in cui ha vissuto Alà per secoli. Nel 1848 viene abolita la Provincia di Ozieri e il paese passa a far parte di quella di Sassari.
Il nome odierno, Alà dei Sardi, venne attribuito per Regio Decreto il 14 gennaio 1864 (a seguito di delibera di consiglio comunale del 25 dicembre 1863), al fine di evitare confusione con altre località italiane dal nome attinente, quali Ala di Stura (TO) e Ala (TN), anche se già dal 1860 viene utilizzato tale nome, in latino, in una registrazione battesimale. Nel 1873 il canonico di Ploaghe Giovanni Spano avrà modo di ironizzare su tale denominazione del tutto inopportuna. Nel 1880 crolla la chiesa di Santa Maria e nel luglio di due anni dopo venne appaltata la costruzione del nuovo edificio di culto che verrà terminata solo nel 1961. Nel frattempo nel 1931 venne eretta la nuova chiesa di Sant'Antonio, utilizzando il materiale della vecchia chiesa e nel 1935 le chiese nelle frazioni di Mazzinaju e Sos Sonorcolos. Nel 1906 era invece sorta, a seguito di un sogno del cittadino Giuanne Piscera, la chiesa campestre di San Francesco.
Dal 2005 Alà dei Sardi fa parte della provincia di Olbia-Tempio e dal 2016 torna in provincia di Sassari a seguito della soppressione della provincia gallurese.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Al%C3%A0_dei_Sardi