La pieve è un esempio fra i più convincenti della continuità del luogo sacro attraverso i secoli: infatti sono stati scoperti i resti di un preesistente santuario etrusco, tra cui l'ara sacrificale proprio dietro l'abside, sul quale si impiantò la pieve cristiana documentata a partire dall'inizio dell'XI secolo. La chiesa attuale, con la tribuna romanica a una sola grande abside, è il frutto di molte trasformazioni, che hanno portato all'arretramento della facciata con la riduzione di oltre la metà della primitiva lunghezza, oggi limitata a tre campate. Addossato al fianco sinistro è il campanile, che ha la parte inferiore di forma cilindrica e quella superiore esagonale.
L'area archeologica di Pieve a Socana, con la pieve romanica e i resti di epoca etrusca, si trova nel comune di Castel Focognano, nella parte meridionale della vallata del Casentino.
In epoca etrusca, e durante tutto il Medioevo, il Casentino era collegato con la città di Arezzo dalla via "delle Pievi Battesimali" (studi prof. Alberto Fatucchi) che, procedendo lungo la riva sinistra del fiume Arno, attraversava la vallata e si ramificava nelle valli secondarie per raggiungere la Romagna, il Mugello e il Fiorentino.
In questo territorio si trovano due tra i più importanti santuari etruschi del centro Italia: uno è il Lago degli Idoli, l'altro è il santuario di Pieve a Socana.
Significativa è la toponomastica, di origine etrusca e romana, lungo tutta la valle dell'Arno; la parola Socana sembra derivare dal nome etrusco di persona Saucni, Rassina, nome che qualifica il capoluogo comunale e il torrente che scorre nella valle che conduce a Chiusi della Verna, viene ricondotto all'etrusco Rasenna, Rasna o Rasini, che è il termine con cui gli Etruschi indicavano loro stessi.
La presenza etrusca a Socana era nota fin dagli anni venti e trenta del Novecento, quando furono rinvenuti alcuni reperti nel terreno retrostante la chiesa, tuttavia solo in occasione dei lavori di ristrutturazione della chiesa, avvenuti tra il 1969 e il 1974, durante le operazioni di sterro nell'area attorno all'abside, sono stati ritrovati i resti dell'altare sacrificale, le mura del recinto sacro assieme a mura di epoca medioevale e i resti di due absidi laterali.
L'ara è realizzata in blocchi di pietra arenaria, tenuti insieme con grappe in piombo, presenta modanature lungo tutto il suo profilo e, dal punto di vista cronologico, la sua costruzione viene posta intorno alla seconda metà V secolo a.C. L'altare è collocato all'interno di un recinto sacro, costituito da grandi blocchi squadrati ed è stata in parte ricostruita rimontando assieme alcune parti rinvenute nei muri circostanti, emersi durante lo scavo. Le sue dimensioni sono 4x5x1 metri e si presenta in ottimo stato di conservazione e per forma rimanda a all'ara del tempio C della città etrusca di Misa, nei pressi di Marzabotto (BO); ciò attesta i rapporti che, in epoca etrusca, vi erano tra il territorio casentinese e l'Etruria Padana.
L'ara ha subito interventi di manutenzione e piccolo restauro nel 1986, 1987, nel 1992 ed un ultimo intervento di restauro conservativo nell'autunno del 2015 realizzato da una task force della soprintendenza archeologia della Toscana.
In posizione opposta all'altare doveva trovarsi l'antico tempio etrusco, con la facciata rivolta ad est, di cui oggi è possibile vedere solo una porzione della monumentale scala del podio sul quale si innalzava dietro ai resti dell'abside di sinistra della chiesa. Nell'area sono stati rinvenuti reperti che ci informano delle diverse fasi di vita del santuario: due coppie di antefisse, due ruote votive con iscrizioni in pietra fetida e un vaso in bucchero nero. In particolare le antefisse in terracotta, due a decorazione policroma, più arcaiche, dette "a testa di Menade", del V sec. a.C. testimoniano influenze dell'Etruria meridionale, mentre le due "a testa di Minerva", datate al II sec. a.C., sono riconducibili alla fase ellenistica del tempio; è così attestata la presenza di influssi artistici esterni rispetto al Casentino e diverse fasi architettoniche del tempio.
Secondo gli studi di Alberto Fatucchi la pieve di Sant'Antonino a Socana, costruita sopra i resti del tempio etrusco, con l'ingresso rivolto ad ovest, invertendo così la direzione di fruizione del precedente luogo di culto, faceva parte delle prime dieci pievi originali, nella diocesi di Arezzo.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Pieve_di_Sant'Antonino_a_Socana