La chiesa di Santa Maria dell'Ammiraglio, sede della parrocchia di San Nicolò “dei Greci” (klisha e Shën Kollit së Arbëreshëvet in albanese) e nota come Martorana, è ubicata nel centro storico di Palermo. Adiacente alla chiesa di San Cataldo, si affaccia sulla piazza Bellini ove affianca il Teatro omonimo e fronteggia la chiesa di Santa Caterina d'Alessandria ed il prospetto posteriore del Palazzo Pretorio.
La chiesa appartiene all'eparchia di Piana degli Albanesi, circoscrizione della Chiesa italo-albanese, e officia la liturgia per gli italo-albanesi residenti in città secondo il rito bizantino. La comunità è parte della Chiesa cattolica, ma segue il rito e le tradizioni spirituali che l'accomunano in gran parte alla Chiesa ortodossa.
Edificio bizantino e normanno del Medioevo con torre di facciata, si contraddistingue per la molteplicità di stili che s'incontrano, in quanto, con il susseguirsi dei secoli, fu arricchita da vari altri gusti artistici, architettonici e culturali. Oggi si presenta difatti come chiesa-monumento storico, frutto delle molteplici trasformazioni e sottoposta inoltre a tutela nazionale.
Dal 3 luglio 2015 fa parte del patrimonio dell'umanità (Unesco) nell'ambito dell'"Itinerario Arabo-Normanno di Palermo, Cefalù e Monreale".
Come dimostrato da un diploma greco-arabo del 1143, da un'iscrizione greca all'esterno della facciata meridionale e dalla stessa raffigurazione musiva di dedicazione, la chiesa fu fondata nel 1143 per volere di Giorgio d'Antiochia, grande ammiraglio siriaco di fede ortodossa al servizio del re normanno Ruggero II dal 1108 al 1151. Costruita da artisti secondo lo stile siculo-normanno , si trovava nei pressi del vicino monastero benedettino, fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana nel 1194, motivo per il quale diventò nota successivamente come "Santa Maria dell'Ammiraglio" o della "Martorana" (precedentemente Giorgio l'Antiocheno fece edificare anche il possente "Ponte dell'Ammiraglio" sul fiume Oreto, noto anche per una battaglia dei garibaldini). All'edificio sacro, che nel corso dei secoli è stato più volte distrutto e restaurato, si accede dal campanile: una costruzione a pianta quadrata del XII secolo, aperta in basso da arcate a colonne angolari e con tre ordini di grandi bifore.
La chiesa possiede una pianta a croce greca, prolungata con il nartece e l'atrio. Un portale assiale (ancora esistente) da sull'atrio e il nartece, come nelle prime chiese cristiane. Al di là del nartece, l'edificio era sistemato e decorato come una chiesa bizantina a 4 colonne, tranne gli archi a sesto acuto e i pennacchi della cupola che erano di gusto islamico. Nel 1193 le case attorno vengono adibite a monastero per le donne e la chiesa verrà poi ad esso inglobata.
Con sede vescovile vacante, il 5 febbraio 1257 l'altare maggiore fu consacrato dal vescovo di Siracusa Matteo de Magistro di Palermo.. Nel 1394 c. fu fondato il monastero attiguo, patrocinato dai coniugi Goffredo e Luisa Martorana, da cui prenderà successivamente il nome.. Il 7 dicembre 1433, col privilegio concesso da Alfonso V d'Aragona e confermato da Papa Eugenio IV, la chiesa dell'Ammiraglio è assegnata al monastero adiacente. Essendo l'edificio compreso nel recinto della clausura, le monache utilizzano la nuova struttura più prestigiosa, abbandonando il luogo di culto proprio del monastero, passando al rito latino.
Negli anni 1683-1687, per adeguarla alle esigenze del nuovo rito, l'abside centrale viene distrutta e sostituita da una nuova abside rettangolare, progettata da Paolo Amato, e il prospetto meridionale viene abbattuto. Nel 1740 Nicolò Palma progetta un nuovo prospetto, secondo il gusto barocco dell'epoca.
Nel 1846 si realizza l'abbassamento del piano della piazza e viene realizzata la scalinata. In considerazione dell'alto valore artistico della chiesa, tra il 1870 e il 1873, su direzione dell'architetto Giuseppe Patricolo, si realizzò il suo restauro. Nell'intento di riportare la chiesa allo stato originario, furono staccati i marmi settecenteschi delle pareti laterali del presbiterio (di cui era prevista la distruzione) e fu accentuato il muro di chiusura originale. La chiesa venne riportata per gran parte al suo aspetto medievale originario eccetto che per la navata e per l'abside centrale. Della fine del XIX secolo la chiesa cadde in stato di abbandono, quindi sotto l'amministrazione civile-comunale, sino al ritorno al culto orientale nella prima metà del XX secolo per conto della comunità albanese di Sicilia su concessione dell'Arcidiocesi di Palermo. La chiesa assunse il titolo di San Nicolò dei Greci (per "greci" erano scambiate quelle popolazioni albanesi che, dal XV secolo in Italia e Sicilia, conservavano "rito greco"-bizantino, lingua, costumi, identità) dopo che l'omonima chiesa - degli albanesi in Palermo - fu distrutta nel secondo conflitto mondiale. Fu così che la chiesa ha ereditato anche la sede della secolare parrocchia bizantina italo-albanese. La chiesa è stata recentemente restaurata e la sede della parrocchia fu momentaneamente accolta nella chiesa del SS.mo Salvatore delle suore basiliane italo-albanesi in Palermo.
Oggi la chiesa di San Nicolò dei Greci non possiede un vero e proprio territorio parrocchiale, ma è il punto di riferimento di 15.000 fedeli arbëreshë, ossia la comunità albanese di Sicilia presente storicamente nella provincia di Palermo, residenti nella città di Palermo e che professa il rito bizantino.
Il monumento rientra dal 2015 tra quelli proposti all'Unesco nell'ambito dell'"Itinerario Arabo-Normanno di Palermo, Cefalù e Monreale" come Patrimonio dell'Umanità.
Il nome della Parrocchia.
«Voi siete qui […] il drappello di profughi che, sostenuti dalla loro profonda fede evangelica, più di cinquecento anni fa giunsero in Sicilia, trovarono non solo un approdo stabile per il futuro delle loro famiglie come nucleo della Patria lontana, ma anche l'Isola maggiore del Mare Nostrum, che per la sua posizione naturale, è un centro di comunicazione tra Oriente e Occidente, un provvidenziale congiungimento tra sponde di diversi popoli […]. La Divina Provvidenza, la cui sapienza tutto dirige al bene degli uomini, ha reso la vostra situazione feconda di promesse: il vostro rito, la lingua albanese che ancora parlate e coltivate, unitamente alle vostre centenarie costumanze, costituiscono un'oasi di vita e di spiritualità orientale genuina trapiantate nel cuore dell'Occidente. Si può pertanto dire che voi siete stati investiti di una particolare missione ecumenica [...].»
(Tratto dal discorso pronunciato da papa Giovanni Paolo II in occasione del suo incontro con la comunità religiosa, civile ed accademica albanese di Sicilia, avvenuto a Palermo domenica 21 novembre del 1982, presso la parrocchia di San Nicolò dei Greci dell'Eparchia di Piana degli Albanesi.)
Per tradizione continua a chiamarsi "dei Greci", una definizione impropria, poiché la parrocchia appartiene ecclesiasticamente agli italo-albanesi. Greco fu definito - dai non arbëreshë - il rito bizantino per la lingua liturgica utilizzata. Non manca, comunque, la variante sempre maggiormente utilizzata oggi di "Parrocchia San Nicolò o Nicola degli Italo-Albanesi".
Dai propri fedeli albanofoni viene chiamata Klisha arbëreshe Palermë o semplicemente Marturanë e nella versione non colloquiale Famullia/Klisha Shën Kolli i Arbëreshëvet në Palermë. Si può, inoltre, spesso leggere il titolo "Parrocchia San Nicolò dei Greci alla Martorana", questo per intendere che la parrocchia ha sede ora alla "Martorana" e non nella iniziale sede in via Seminario Italo-Albanese.
Itinerario d'arte
Entrati nel primo corpo della costruzione - rifacimento settecentesco con volte affrescate da Olivio Sozzi, Antonio Grano e Guglielmo Borremans - due decorazioni musive sul fronte del corpo originario raffigurano uno Ruggero II vestito da imperatore bizantino e incoronato re per mano di Gesù Cristo; l'altro la dedicazione della chiesa alla Vergine da parte dell'ammiraglio d'oriente Giorgio d'Antiochia, quest'ultimo rappresentato in umile atto di prostrazione dinanzi alla Madonna.
Sulla parete occidentale dello stesso locale è murata una lapide che ricorda l'eroe nazionale degli albanesi, Giorgio Castriota Scanderbeg, posta nel 1968 in onore del suo cinquecentesimo anno dalla sua scomparsa e con l'incisione dell'aquila bicipite costantinopolitana, simbolo dell'Albania. Ai lati icone bizantine della committenza arbëreshe abbelliscono la chiesa. Superato l'ambiente suddetto, si giunge nella chiesa medievale, il nucleo originale. Qui la parte superiore delle pareti e la cupola, al sommo della quale si erge l'immagine del Cristo in trono, immagine arcaizzante e di stampo occidentale, sono interamente rivestite da decorazioni musive bizantine di grande importanza, in connessione con quelle riguardanti Dafne nell'Attica. Il grandioso ciclo di mosaici bizantini della chiesa è il più antico di Sicilia. I mosaici della cupola rappresentano al centro il Cristo, scendendo successivamente i quattro arcangeli (tre originali più uno apocrifo) e i patriarchi, mentre nelle nicchie sono ospitati i quattro evangelisti e infine, nelle volte, i rimanenti apostoli.
La chiesa è fornita di un'antica iconostasi in marmi mischi, in cui, essendo priva di icone, i papàdes albanesi dell'epoca hanno provvisto la realizzazione dei mosaici della Madonna, del Cristo e dalle icone di Maria Vergine e San Nicola di Mira, questi ultimi che precedono l'iconostasi.
Molto importante per i fedeli arbëreshë è la grande icona raffigurante San Nicolò in trono (XV sec.), posta oggi nel diaconicon e che si trovava nella chiesa di San Nicolò dei Greci che, unitamente al contiguo Seminario Italo-Albanese di Palermo, andò distrutta nel bombardamento aereo del 1943. L'abside, abbattuta sul finire del Seicento, venne sostituita con l'attuale cappella barocca a tarsie marmoree su progetto di Paolo Amato.
Icone contemporanee, alcune delle quali dell'iconografo italo-albanese Zef Giuseppe Barone da Piana degli Albanesi (croce bizantina della morte e resurrezione del Cristo, dipinta in entrambi i lati) e altri realizzate dell'iconografo e mosaicista albanese Josif Droboniku (raffiguranti le dodici feste despotiche e la grande crocifissione dell'altare bizantino), appartengono all'importante patrimonio artistico della parrocchia.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_della_Martorana