Storia
Prodromi fiorentini
La fontana fu realizzata per il giardino di don Luigi Álvarez de Toledo y Osorio a Firenze, su un terreno ottenuto dalle suore del convento di San Domenico al Maglio nel 1551 dopo molte pressioni. Su questo terreno in seguito sarebbe stato costruito, a partire dal 1584, il palazzo di San Clemente ancora oggi esistente.
La realizzazione dell'insolito giardino, privo di un palazzo o di un edificio di rilievo, e della monumentale fontana furono commissionate da Pedro Álvarez allo scultore fiorentino Francesco Camilliani, allievo di Baccio Bandinelli, che vi lavorò a partire dal 1554. La fontana comprendeva 48 statue e aveva dimensioni inusuali, non essendo destinata ad uno spazio pubblico, ed era fronteggiata da una lunga pergola formata da 90 colonne di legno messe in opera sotto la sorveglianza di Bartolomeo Ammannati.
L'acquisto del senato palermitano
Spinto dai debiti ed in procinto di spostarsi a Napoli, don Luigi, grazie al fratello don García Álvarez, riuscì nel 1573 a vendere la fontana alla città di Palermo. Don Garçia, che era stato viceré di Sicilia, era in buoni rapporti con il Senato palermitano, che decise di acquistare la fontana e di collocarla nella piazza su cui prospetta il Palazzo Pretorio. Luis di Toledo, García Álvarez ed Eleonora di Toledo sono entrambi figli di Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga, viceré di Napoli. Eleonora fu la prima moglie di Cosimo I de' Medici.
La fontana giunse a Palermo il 26 maggio 1574 smontata in 644 pezzi dei quali 112 imballati in 69 casse. Per far posto alla monumentale realizzazione, concepita per un luogo aperto, furono demolite diverse abitazioni. La fontana tuttavia non arrivò completa e alcune sculture si erano rovinate durante il trasporto, mentre altre forse furono trattenute dal proprietario. Tra queste sono da considerare probabilmente le due Divinità nel Museo del Bargello a Firenze, e altre statue che vennero collocate nel giardino privato di don Luigi a Napoli (che alla sua morte furono portate nel giardino del Palazzo di Sotofermoso di Abadía nella provincia di Cáceres, di proprietà della famiglia Toledo).
A Palermo furono quindi necessari alcuni adattamenti nella ricomposizione dei pezzi e ne vennero aggiunti altri.
La cura della ricomposizione e dell'adattamento della fontana fu affidata nel 1574 a Camillo Camilliani, figlio di Francesco, che ultimò i suoi interventi nel 1581, con l'aiuto di Michelangelo Naccherino.
Per tutto il XVIII secolo e parte del XIX secolo fu considerata una sorta di rappresentazione della corrotta municipalità cittadina, che vide in quelle immagini il riflesso e i personaggi discutibili del tempo. I palermitani soprannominarono la piazza, anche per la nudità delle statue, "piazza della Vergogna".
Nel novembre del 1998 fu intrapresa un'opera di restauro, che durò fino al novembre del 2003. A dicembre dello stesso anno la fontana è stata riaperta e successivamente è stata riattivata la circolazione dell'acqua.
La fontana ruota attorno ad un bacino centrale circondato da quattro ponti di scalinate e da un recinto di balaustre, l'elevazione piramidale è costituita da tre vasche coassiali da cui prende l'avvio il gioco d'acqua, elemento versato dalla sommità da un Bacco, nella rimodulazione palermitana identificato col Genio di Palermo.
Il primo ordine dietro la cancellata è delimitato esternamente da una gradinata circolare e dalla balaustra interrotta da quattro varchi corrispondenti alle quattro rampe di scale balaustrate formate da nove gradini ciascuna, rampe disposte su assi ortogonali tra loro.
I varchi d'accesso esterni e le balaustre, a inizio e fine rampe, presentano coppie di personaggi mitologici o figure allegoriche collocate su piedistalli.
Una prima corona circolare presenta un'ampia pavimentazione pedonale, la seconda corona interna costituisce la vasca circolare di raccolta delle acque a sua volta scavalcata ortogonalmente dalle quattro rampe di scale conducenti al secondo livello. La teoria di statue intermedie poste all'accesso delle rampe presenta sul piedistallo un'urna per la raccolta delle acque.
Ciascuno dei quattro settori ospita in posizione intermedia, ovvero nello spazio compreso fra rampe di scale, una vasca ornata da gruppi scultorei raffiguranti allegorie di fiumi. Ogni gruppo è costituito da una colossale statua distesa su rupe, quali immaginifica sorgente, attorniata rispettivamente da un tritone e una nereide. Le fonti classiche fanno riferimento al padre di tutti i fiumi, il corso d'acqua più conosciuto sin dall'antichità, il Nilo, ai suoi due affluenti e l'Ippocrene, fiume della mitologia greca. Come consuetudine, nella trasposizione palermitana, nella rinominazione operata da Antonio Veneziano, i quattro gruppi assumono il nome dei maggiori corsi d'acqua cittadini. Nel particolare contesto storico detti corsi ricoprono rilevante importanza in quanto i letti non interrati e le loro foci costituiscono ancora gran parte degli approdi naturali del vasto porto di Palermo, pertanto il monumento mira ad esaltare, celebrare e magnificare attraverso il mito l'elemento primordiale e le attività ad esso connesse.
Nella dislocazione originale le scarne fonti documentali fiorentine fanno riferimento al fiume Arno e al suo affluente il Mugnone, rappresentati rispettivamente dalle due divinità barbute, e ancora l'Affrico o il Tevere e forse il Mensola. Tra la commissione di don Pedro di Toledo, realizzazione, installazione, vendita, trasferimento, danneggiamento e rimodulazione resta il dubbio su quanti e quali manufatti siano effettivamente pervenuti nella nuova sede. Opinioni contrastanti investigano circa il primitivo numero di allegorie, di certo il pingue e grottesco uomo maturo è un'aggiunta postuma, integrazione verosimilmente realizzata per sopperire e ovviare ai numerosi guasti causati dalla traslazione nonché per conferire armoniosa simmetria all'aggregato, così come le nereidi, i tritoni e le erme del cerchio esterno, con altre aggiunte dal carattere caricaturale al limite del goffo e bizzarro sono tutte attribuite, molte di esse autografe, allo stile gagliardo e scanzonato di Michelangelo Naccherino.
fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Fontana_Pretoria